Dottor Jekyll & Mister Hate: identità online e odio digitale

  • Psychosocial Method
  • All
  • Reading time: 3 min
  • 19.12.24
  • C’è un Mister Hyde dentro ognuno di noi e lì rimane, dormiente, in attesa della giusta occasione. Spesso, le brutture dell’umanità nascono proprio quando le persone si dimenticano di essere persone: per colpa, per dolo o per qualche sfigatissimo allineamento degli astri. E storie di questo tipo accadono anche nell’ordinario, in modo più subdolo e insidioso, perché oggi questo fenomeno ha trovato una nuova casa: il mondo digitale.



    Gli schermi che ci separano fisicamente dagli altri diventano metaforici muri dietro cui nascondersi.



    La rete, con la sua promessa di connessione globale, a volte ci regala un senso di disconnessione emotiva. L’identità online diventa una maschera, anzi un mosaico di maschere che indossiamo a seconda del contesto. Sui social siamo curati, ironici, polemici, a volte persino irriconoscibili a noi stessi. È un filtro che distorce il nostro modo di interagire, perché dietro uno schermo la percezione di protezione è totale. È come se quella lastra di vetro o quel flusso di pixel creassero un campo di forza invisibile: da una parte protegge chi scrive, dall’altra permette di colpire senza conseguenze. Nel cyberspazio, la consapevolezza che dall’altra parte ci sia un essere umano spesso si perde, lasciando il campo ad una interazione spersonalizzata, e a volte brutale. Non siamo più vincolati dalle norme sociali che regolano la vita offline, quelle che ci impediscono di insultare un passante o urlare oscenità in pubblico. E così, quell'odio trattenuto nella vita reale esplode senza freni in un commento, in una mail anonima o in un messaggio diretto.



    È un paradosso: più siamo connessi, meno sembriamo empatici. Ma non tutto è perduto. Capire i meccanismi dietro l’odio digitale è il primo passo per disinnescarlo. La rete può essere anche uno spazio di confronto, di scambio e di crescita, ma solo se scegliamo di usarla come uno specchio, non come uno scudo. Questo contesto ci ricorda ancora di più che la parola non è mai neutra. Gli enunciati non si limitano a descrivere un contenuto o sostenerne la veridicità, ma sono azioni che producono effetti concreti sul mondo circostante. Dire qualcosa è fare qualcosa. Un insulto online può ferire e isolare. Un complimento può avvicinare, creare connessioni. Ogni parola digitata ha una conseguenza, anche se spesso tendiamo a dimenticarlo.



    Alla fine, dietro ogni schermo c’è sempre un volto. Una persona. Un frammento di umanità. E voi? Quanto siete consapevoli della maschera che indossate online? Scriveteci a supernova@remidastudio.com

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