Taylor Swift: non solo una popstar, un fenomeno culturale. Nata a Reading, Pennsylvania, ha iniziato a scrivere canzoni da giovanissima, trasformandosi in pochi anni da promessa del country a regina della musica mondiale. Ma dietro ai numeri da capogiro, milioni di dischi venduti e tour che generano un impatto economico paragonabile a quello del G7, c’è molto di più. Non importa se siete Swifties o meno: qui non si parla solo di musica, ma di psicologia sociale, storytelling e comunicazione. Siete pronti a seguirci?
Ogni canzone di Taylor Swift è uno specchio che riflette esperienze comuni: cuori spezzati, gioie improvvise, battaglie personali e crescita emotiva. È il mirroring, una dinamica psicologica potente che risale agli albori della civiltà. Pensate alle tragedie greche: mettevano in scena le emozioni più universali per offrire al pubblico la “catarsi”, ovvero un senso di liberazione che avveniva attraverso la rappresentazione scenica. Taylor, a modo suo, fa qualcosa di simile. Racconta storie di vita quotidiana con un linguaggio accessibile, ma profondamente evocativo, capace di parlare trasversalmente a generazioni diverse. Le sue canzoni sono certo melodie orecchiabili, ma anche mappe emozionali di esperienze che succedono a tutti. È psicologia, applicata alla musica: le persone si sentono viste, comprese, meno sole nei loro turbamenti. E quando un artista riesce a creare questa connessione, il successo non è solo probabile: è inevitabile.
Ma c’è di più. L’essere umano è un animale sociale, e Taylor Swift lo sa bene. Ha costruito una comunità globale che non conosce confini geografici o generazionali. Con circa 300 milioni di fan, gli Swifties potrebbero costituire la quarta nazione più popolosa al mondo, appena dietro agli Stati Uniti. Immaginate una Swiftland popolata da fan pronti a intonare All Too Well come inno nazionale? E non si tratta solo di ascoltare musica. Ogni videoclip è disseminato di Easter egg, ogni post sui social è un invito a entrare nella narrazione. I fan diventano co-protagonisti di un universo in continua evoluzione. Questo senso di appartenenza è uno degli elementi chiave del suo successo: crea una connessione che trasforma ogni ascoltatore in parte di una storia più grande.
E quindi, come mai Taylor è così Swift?
Perché sa infilarsi nelle pieghe della esperienza umana, e portarvi la luce, la musica e il colore. Le sue canzoni non sono intellettuali, non parlano forse dei massimi sistemi, non usano forse grandi virtuosismi tecnici. Sono molto di più: sono canzoni da cantare. Sotto la doccia, in macchina. Sono canzoni che tutti possono cantare, anche a proprio nome. Perchè parlano di tutti noi, delle piccole e grandi cose che ci succedono, con un linguaggio che tutti noi potremmo usare.
È la fine della musica d’autore? L'inizio della democrazia? Nessuna o forse entrambe, ma senz’altro è musica pop. Al 100%. Ed è anche una persona che sa essere sincera, e mostrarsi incredibilmente umana nel suo fare artistico. It’s me, hi, i'm the problem it’s me… E questo, ve l’abbiamo già detto ma siam sicuri che lo sapete anche voi, crea un legame molto forte. Un senso di conoscenza e condivisione anche con qualcuno che non abbiamo mai incontrato.
Swift: english adj; moving or capable of moving with great speed. Grazie Taylor, per averci dato della musica da cantare. Per cantare con Remida scrivici a supernova@remidastudio.com.