"ll Fenomeno del Cocktail Party descrive la capacità del cervello di concentrare la sua attenzione uditiva su uno stimolo particolare mentre filtra una vasta gamma di altri stimoli, come quando un partecipante a una festa riesce ad ascoltare una singola conversazione in una stanza rumorosa". O come quando senti il cane piangere nel cuore della notte (mentre il russare del tuo partner viene perfettamente ignorato). Il Cocktail Party è l'epitome dell'attenzione selettiva, la versione odierna del motto "divide et impera" degli antichi Romani. Se è triste rendersi conto che non possiamo elaborare tutto... Come attiriamo e sfruttiamo al meglio la porzione di attenzione a cui possiamo ambire?
L'attenzione è una risorsa preziosa: fanne buon uso
Il Fenomeno del Cocktail Party è una delle prime nozioni in cui si imbatte il/la giovane psicologo/a poco dopo l'inizio dei suoi studi. È la tipica nozione di scienza che puoi citare a cena senza sembrare troppo pieno/a di te. Ma se ci pensi, è impressionante: i giovani genitori si svegliano nel cuore della notte se il loro bambino piange, ma non se si verificano altri rumori. Se ti trovi in una stanza piena di persone, puoi effettivamente "concentrarti" solo su una delle tre o quattro conversazioni in corso, senza perderne una sola parola. È come se il nostro cervello fosse specificamente progettato per scegliere quali bit di informazioni elaborare. Ed è proprio così: in ogni situazione, c'è un numero potenzialmente infinito di stimoli elaborabili. Ogni volta che osserviamo qualcosa, scegliamo contemporaneamente un punto di vista (vedi l'articolo "Tutto il mondo è teatro" per ulteriori approfondimenti). Daniel Kahneman ha proposto un modello in cui l'attenzione viene descritta in termini non di mera selezione, ma di capacità. Per Kahneman l'attenzione è una risorsa da distribuire tra vari stimoli, quindi una policy di allocazione agisce per distribuire la attenzione disponibile tra una varietà di attività possibili: quelle ritenute più importanti riceveranno la massima attenzione. La politica di allocazione è influenzata da disposizioni durature (influenze automatiche basate sulla personalità) e intenzioni momentanee (decisioni consapevoli di occuparsi di qualcosa). Il modello di Kahneman spiega l'Effetto Cocktail Party come un fenomeno in cui le intenzioni momentanee consentono di concentrarsi espressamente su un particolare stimolo uditivo.
E questa dovrebbe essere una lezione di marketing?
Lo è, esatto! Siamo certi che, al lettore attento, la simmetria non è sfuggita. Stimoli multipli...Come il bombardamento dei cartelloni pubblicitari o la sovraesposizione nei social media? Disposizioni durature... Come i bisogni e i valori del target? Intenzioni momentanee... Come quel particolare che attira uno sguardo? Sì, proprio così: benissimo, lettore attento.
Ogni scienza è, alle sue radici, una scienza psicologica: perché alla fine deve esserci per forza un cervello umano ad elaborare il tutto.
L'Effetto Cocktail Party è una squisita metafora della pubblicità (in tutte le sue forme: siti web, social media, campagne...). Ciò che sta alla sua base sono i concetti che
1. Non recitiamo da solo: recitiamo sempre su un palcoscenico in cui molti attori hanno già le loro parti
2. Quello che sentiamo, vediamo, e pensiamo dipende da tutte le esperienze pregresse (qualcuno direbbe che dipende da "chi sei")
3. Ciò che ci circonda conta: tutte le cose che molto probabilmente influenzeranno la nostra attenzione, sono proprio lì.
Quindi, se vogliamo trasformare la psicologia generale in una lezione di marketing, possiamo ricordare che...
Nei tuoi articoli non si arriva mai al punto sulla comunicazione…
Ed è assolutamente vero! Ci piace scrivere ciò che la gente non si aspetta da noi. In una lingua che non è quella che ci si aspetterebbe da una "agenzia di comunicazione". Noi non vogliamo rendere felice il cliente: vogliamo provocare la sua azienda. Non vogliamo fare grandi lavori, vogliamo fare quelli che contano (per noi, in primis).
E quindi, cosa ci insegna l'Effetto Cocktail Party sulla buona comunicazione? Le stesse cose che le nostre nonne avrebbero potuto dirci quando eravamo piccoli...
1. Se devi condividere il palco con altre persone… impara a conoscerle!
2. "Senti solo quello che vuoi sentire" ... di sicuro, e questo non cambierà.
3. Devi stare attento a ciò che ti circonda. E devi usarlo per distinguerti.
Se sentiamo solo quello che abbiamo voglia o necessità di sentire, e al contempo ignoriamo il resto, c’è un motivo. Un motivo importante che affonda la sua reason why nella psicologia evoluzionistica (ma ahimè, questa sarebbe un’altra lezione ancora). Per ora ci limitiamo ad invitare il cliente, reale o potenziale, a pensare alle sue attività di marketing come al vestito e alle parole che sceglierebbe per partecipare a un grande party. Sì, come quelli del Grande Gatsby. Come trovare le parole “giuste”? E quale abito sarebbe “perfetto”?