(Bad?) Romance

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  • 22.05.25
  • Sono venuto stasera perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci il più presto possibile.



    Volano parole grosse, anche se a dirle è Harry in una delle dichiarazioni d’amore più iconiche del cinema. E anche se, come Sally, ci saremmo cascati pure noi... Il punto è un altro: quando abbiamo iniziato a pensare che il “per sempre” fosse il massimo a cui aspirare? Chi ce l’ha fatto credere, poi, che sia qualcosa che può capitare anche nella realtà? Tutta colpa dei blockbuster e delle loro battute strappalacrime? O delle favole, in cui solitamente un principe azzurro salva una povera fanciulla indifesa… e vissero per sempre felici e contenti? Insomma, la lista dei complici è lunga. E noi siamo qui per indicarli tutti (prego, non c’è di che!).



    Punto primo: non è sempre stato così.



    Ci sono stati secoli in cui il mito dell’amore romantico era ben lontano dal matrimonio. Nel Medioevo, matrimonio ed innamoramento non avevano proprio nulla a che fare: il primo era un contratto firmato tra due famiglie per amministrare dei beni (poco importava se la donna rientrava fra questi!) ed aveva a che fare con la sfera dell’economia e dell’interesse, più che dell’amore. Direttamente dal diritto romano: “Il matrimonio è l’istituzione tra l'uomo e la donna di una comunione di vita e di beni socialmente riconosciuta, nonché presupposto per una discendenza legittima.”



    Ma l’amore? Eh, nonostante il gran controllo che si tentava di esercitare sulla discendenza legittima… la gente si innamorava lo stesso, of course. Ma non era per questo che si sposava. A un certo punto però la Chiesa ci mette lo zampino: se prima del matrimonio non voleva saperne niente (pulsioni carnali, quanta sconvenienza!), capisce poi che il suo marketing in quel settore potrebbe fare faville. Ahinoi, intuizione corretta. Geni del marketing, sì. E fu così che il matrimonio divenne sacramento. Ed è così che la Chiesa diventa in charge di chi-sposa-chi, ovvero, capo supremo delle alleanze che si fanno e che si disfano. Bravi, applausi, niente da dire.



    E poi? E poi deve nascere dunque il rito religioso. Un uomo e una donna. Una cattedrale. Un altare, un sacerdote che lo presiede. Due navate in cui dividersi i parenti. La sposa in abito bianco che arriva al braccio di suo padre. Vi ricorda qualcosa? Fa paura il pensare di non riuscire a immaginare nulla di diverso, quando si tratta di matrimonio e quindi dell’amore “tradizionale”.



    Eppure, al tempo di Lorenzo il Magnifico non ci si sposava così (Barbero docet). Lì, semplicemente, si andava dal notaio: un funzionario pubblico metteva la propria firma su una serie di scartoffie ed ecco che “vi dichiaro marito e moglie”.



    Stop. Niente fronzoli. Nessuna poesia.



    Ma non serve andare così lontano nel tempo per fare incetta di un po’ di sano cinismo. In Indonesia, per i Minangkabau il matrimonio è un accordo libero tra clan, dove marito e moglie non vivono nella stessa casa ed anzi, neppure nello stesso villaggio. Ed i Mosuo, in Cina, realizzano il sogno di una società matriarcale e matrilineare: potere economico e politico in mano alle donne, come anche il controllo della vita familiare e delle proprietà. Per loro il matrimonio è “itinerante”: ovvero, non esiste.



    Vorremmo non svegliarci mai… E invece ci riguardiamo Love Actually ogni Natale. Ma per noi le parole contano, e abbiamo ancora 7 mesi (e altre due puntate) per convincerti che invece di “per sempre”, è meglio limitarci a un più realistico “per ora”.



    Che cos’è per te l’amore? Scrivici a supernova@remidastudio.com.

    Stay Golden

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